“A sud di Torino, lo studio Marcante-Testa ripensa gli interni di un’abitazione con una lunga storia. Pur mantenendone il DNA originario dei primi del Novecento. ”

Articolo di Oscar Duboÿ , Foto di Carola Ripamonti

 

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Sulla carta, certi progetti hanno un sex-appeal immediato: una location unica, una vista imprendibile, un loft modernissimo. Il cosiddetto effetto wow. Non è certo il caso di questa casetta situata in un paesino vicino Torino, eppure lo studio Marcante-Testa ha saputo conferirle fascino con un po’ di colore e tanto intuito. Adelaide Testa conferma: «Ci siamo resi conto che il punto di forza risiedeva proprio in questa economia dell’intervento». Perché in realtà la casetta nascondeva già molto. Basti pensare al crocevia di vite che vi si sono susseguite, dai gemelli Sobrero, Candido e Ascanio– sì, quello della nitroglicerina – alla contessa Costanza Arminjon che poi cedette la casa ai nonni degli attuali proprietari, ancora due gemelli, Paolo e Enrico. È stato proprio quest’ultimo a fare da committente, dopo aver incontrato Andrea Marcante e Adelaide Testa durante un festival di architettura. Le prime visite sono state determinanti: «Era una situazione strana», ricorda Adelaide Testa, «perché in casa stavano tirando fuori tutto dagli armadi. Credo che la famiglia sia caratterizzata da acquisti compulsivi: il proprietario si potrebbe quasi definire collezionista di design, così come penso lo fosse anche sua nonna. C’era di tutto, compresi gli acquisti lasciati dai precedenti abitanti agli inizi del Novecento, fra i quali un baule pieno di cose dalla Francia, persino alcune appartenute a Napoleone. Una situazione affascinante. Il piano terra era stato arredato in stile fine Ottocento con relativi manufatti, mentre al primo piano abitato si ritrovavano sia arredi di quell’epoca che arredi dei nonni, più dei genitori, quindi fra gli anni 70 e 80. Un mix confuso».

Per l’appunto, il progetto di Marcante-Testa riguardava questo primo piano. Ma come arrivarci? La scala esterna è diventata una prima prodezza. Totalmente ripensata, si presenta come una vera scultura funzionale che dal cancello indica la via verso casa. Un tutt’uno che si trasforma in una sorta di gabbia poliedrica, dove la geometria metallica nasconde a malapena un rimando ironico di griglie a mattonelle, come quelle che si usavano per le cascine e i pollai della zona – ebbene sì, è venuta fuori anche la preesistenza di una gabbia per galline speciali, pare le più grasse d’Europa. Da lì, le varie stanze sono rimaste intatte, mantenendo sia le vecchie piastrelle che le carte da parati, come ci spiega Andrea Marcante: «L’idea era di conservare i riferimenti al passato, rendendo però la casa contemporanea, ossia trasformarla ma lasciandola inalterata». Un paradosso dal quale i due architetti hanno saputo trarre un equilibrio, adattando i loro interventi al contesto: una striscia di resina che scorre a terra, un arredo colorato che si inserisce nella boiserie o un lungo séparé di metallo rosso-arancio quasi a fungere da segnaletica tra la cucina e il salotto. È lui il vero leitmotiv della casa, protagonista dei progetti firmati Marcante-Testa, sempre astuti nella capacità di disegnare un percorso domestico con qualche idea abbastanza audace da rispolverare completamente un interno. Andrea Marcante afferma: «Certamente la struttura ci ha permesso di gestire una lettura che prima non era immediata, per via dei vari elementi stranianti. Questo progetto segna per noi il passaggio dall’ottica di distruzione a quella della sovrapposizione. Un’occasione per riflettere su questo atteggiamento un po’ aggressivo che tende subito a voler buttare giù tutto».

Sicché oggi anche la vivace mescolanza dei mobili vintage di Enrico coesiste senza intoppi, grazie a una sottile dose di ironie e allusioni che si intrecciano attraverso le stratificazioni.

«Effettivamente ci piace rimanere tra il serio e il piacevole», ammette Adelaide Testa, «anche se non tutti i luoghi trasmettono necessariamente ironia. Qui è stata fondamentale, come una traccia o un filo conduttore che ci aiuta a fare delle scelte nei momenti di indecisione perché in fondo anche il percorso degli arredi si porta dietro una narrazione. In questo caso, credo che Ascanio Sobrero ci abbia aiutato a gestire una situazione che poteva essere esplosiva».

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