Grazie ad Andrea Benelli e alla redazione di AREA per la bella intervista sul numero monografico dedicato all’ambiente cucina.

 

 

 

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ANDREA BENELLI La cucina è l’ambiente che più di altri è stato fulcro e confluenza di molteplici aspetti delle strutture familiari e sociali di ogni epoca. È molto più di un complesso di tecniche per la preparazione degli alimenti poiché i cibi e il loro consumo non sono mai privi di caratteri rituali e cerimoniali. C’è sempre una memoria legata a questo luogo. Io personalmente ho ricordi di infanzia collegati alla cucina, ma che cosa rappresenta per voi?

ADELAIDE TESTA Per la mia esperienza personale, è sempre stato un luogo a parte e tutt’ora lo considero tale. Un ambiente che non viene mischiato con altre attività. LaCOVER.indd cucina è il luogo per eccellenza per la preparazione del cibo. Sono poche le persone che ammettono di aver passato la propria infanzia in cucina anche se di fatto è proprio così; fin da piccoli  trascorriamo molto tempo in questo ambiente, prendiamo ad esempio i bambini che stanno in questa stanza a studiare, spesso sorvegliati dalle madri… C’è tutto un immaginario che, nonostante obsoleto, continua ad essere sempre molto presente: quello delle mamme che cucinano mentre controllano i figli, insomma una questione di genere. Le cose stanno cambiando ma questo scenario è ancora molto forte e concreto. Personalmente ho una idea dell’ambiente cucina come qualcosa di separato, non riesco a renderlo parte integrante di altre attività. Una concezione che deriva dalle mie esperienze del passato. Oggi le cucine che progettiamo sono sempre molto in relazione alle richieste dei clienti ed è uno dei luoghi della casa maggiormente discusso e analizzato rispetto ad altri. Questo per svariati motivi: perché è legato agli elettrodomestici, alle scelte di vita, alla quantità dei componenti della famiglia… insomma, tutto ruota attorno a questo luogo. È forse lo spazio più legato alle esigenze dei committenti nonostante che dal punto di vista progettuale sia piuttosto statico poiché le richieste sono sempre le stesse.

AB Un luogo della tradizione…

AT Assolutamente, infatti continuiamo a replicare il modello tradizionale modulare che è il più razionale, il più acquisito. Si fa molta fatica a uscire da questa idea. Passiamo molto tempo a pensare a dove mettere, ad esempio, le pentole, i cassettoni… viene effettuata una analisi molto funzionale.

ANDREA MARCANTE Ritengo che vada fatta una distinzione anche tra lo spazio cucina e quello dove si posiziona il tavolo, un elemento che aggiunge funzioni ‘altre‘ rispetto al semplice cucinare. Nei nostri progetti il tavolo a volte sta all’interno altre all’esterno dallo spazio cucina permettendo di filtrare l’atto del cucinare rispetto ad altre funzioni. Anche il tema della ritualità è sempre molto presente nel nostro modo di progettare, ad esempio, nell’ultimo Salone del Mobile abbiamo parlato delle ritualità quotidiane che sono importanti da preservare all’interno dello spazio domestico.

AT Ad oggi sono sempre ancora le donne a stabilire le necessità e i rituali dello spazio della cucina e sono quelle che si fanno ancora carico di questo luogo.

AM C’è stata una mostra alla Triennale di Milano nel 1986 curata da Cini Boeri dal titolo “Progetto Domestico” dove si dava molta importanza agli spazi di relazione oltre a quelli più isolati dello spazio domestico. Per quelli di relazione Cini Boeri faceva riferimento proprio alla cucina definendola “il luogo dell’impegno comune“. Il momento della comunione domestica per l’appunto.

AB Negli anni tra il dopoguerra e il boom economico la cucina diventa la stanza simbolo dello status raggiunto dal gruppo familiare e anche una questione di genere. Ci sono tante pubblicità fino agli anni ’90, ma ancora adesso, dove per pubblicizzare una cucina c’è sempre una figura femminile. Anche il cibo stesso, assieme al numero e alla qualità degli elettrodomestici, rappresenta effettivamente lo status di appartenenza in un periodo storico dove siamo sovraesposti alla preparazione di pietanze sempre più complesse e ricercate.

AT Sì, lo spazio cucina è ancora rappresentativo di uno status economico e il tipo di cibo che viene cucinato è indicativo della posizione sociale raggiunta. Ma anche i materiali scelti per la progettazione sono altamente rivelatori. Nei nostri progetti cerchiamo di non utilizzare mai materiali eccessivamente pregiati come ad esempio il marmo.

AM Esatto, non usiamo materiali particolarmente preziosi che possono essere simbolo di opulenza. C’è stato un periodo in cui grandi marchi del lusso di cucine mettevano sul mercato blocchi con dimensioni esagerate realizzati con materiali molto pregiati. Ci siamo spesso domandati chi le potesse usare in un contesto immobiliare italiano dove le case hanno dimensioni non troppo grandi e di conseguenza le cucine si devono adattare a questi spazi.

AT La cucina rispetto ad altri luoghi della casa è più soggetta a interpretazioni di carattere economico e sociale in cui si evidenziano le tendenze o i desideri dell’apparire oppure del nascondimento. Il luogo della cucina si trasforma spesso nelle case contemporanee in una sorta di “show cooking” dove si mostrano le nostre capacità e le nostre disponibilità. Un elemento che viene richiesto spesso, e che facciamo ancora fatica a progettare, è quello dell’isola. Un’idea degli anni Settanta che è diventata nel tempo la novità da introdurre nelle nostre case. Spesso il committente, senza avere molta consapevolezza dello spazio, ci chiede di lavorare su questo elemento: un monolite dove poter mangiare, cucinare, stare seduti… Ovviamente noi, in quanto progettisti, dobbiamo fare i conti con le dimensioni dello spazio e molte richieste cerchiamo di indirizzarle verso altre soluzioni.

AM L’attenzione allo spazio è un tema architettico che ci sta molto a cuore. Spesso iniziamo la progettazione in pianta proprio dallo spazio della cucina, domandandoci: quanta relazione questo luogo ha con la sala da pranzo? Quanto con il soggiorno? Diventa quindi importante, nell’assecondare le funzioni richieste, riuscire a capire quanto lo spazio della cucina possa essere aperto o chiuso verso gli altri ambienti della casa. Ma anche comprendere quanto possa essere resa meno protagonista attraverso l’uso di elementi che la mimetizzano e filtrano come, ad esempio, lo spazio dedicato al tavolo.

AB Partendo dalle vostre esperienze, è sempre più forte l’idea di una cucina distaccata rispetto ad un ambiente aperto e di continuità?

AT Sì è tendenzialmente così. Noi facciamo sempre molto riferimento a Umberto Riva che è il nostro maestro. Per Riva la cucina è un luogo aperto; non ci sono ante, tutto è in bella vista. È un modo per dire la verità senza nascondere nulla. Mostrare le cose così come sono. La cucina non è un luogo ordinato ma uno spazio dove si fanno cose, dove si crea disordine. Quello che generalmente le persone cercano è una forma di occultamento, dimostrando una sorta di difficoltà a gestire il disordine o semplicemente a vedere troppe cose, elettrodomestici, oggetti… Questo caos, che dovrebbe essere stimolante per la creatività, non ci viene invece mai richiesto.

AB Per voi il luogo della cucina è uno dei momenti progettuali cardine, tutte le vostre cucine sono “made to measure” fatte espressamente per quella casa, quello spazio, quel committente. Tutto è disegnato.

AM È molto raro che utilizziamo cucine di tipo industriale se non per espressa richiesta del committente. L’adeguarsi a uno specifico spazio riuscendo a soddisfare le richieste del cliente è molto importante e al contempo stimolante. La cucina diventa così identitaria del progetto, un elemento di architettura vera e propria che porta con sé una serie di valori ponendosi in relazione con il contesto.

AB Esiste un linguaggio ripetuto nei vari progetti? Scorrendoli si notano forse due elementi ricorrenti: il telaio in acciaio che viene utilizzato per delimitare spazialmente la cucina e il disegno delle gole per l’apertura dei cassetti o degli sportelli.

AT Il tema che si ripete è sicuramente nella struttura che ripropone la classica cucina modulare, uno schema dal punto di vista ergonomico e funzionale molto ben strutturato e collaudato. Quindi riproponiamo questi elementi come, ad esempio, quelli di separazione tra la cucina e il tavolo, tra la cucina e il living. Ci sono ovviamente delle variazioni di materiali, colori, finiture ma la struttura di per sé rimane quella. Spesso nella nostra esperienza le cucine non sono totalmente chiuse ma hanno sempre una relazione con l’intorno e rientrano quindi nella progettazione totale, nel linguaggio utilizzato in quel progetto.

AB Da qualche mese vi dedicate anche alla trasmissione della vostra esperienza progettuale con corsi aperti ai professionisti dal nome “Atelier”. Nel mese di gennaio 2024, ad esempio, avete tenuto dei corsi streaming su “Bagni e Cucine“. Come nasce questa idea?

AT Abbiamo iniziato con “Materiali e Colori” che è il tema che ci viene maggiormente richiesto. Nel web, oppure sulle riviste, ci sono temi che non vengono affrontati in maniera approfondita, quindi abbiamo sentito l’esigenza di trasmettere le nostre esperienze. Un racconto in prima persona di condivisione con professionisti che ogni giorno si dedicano al progetto di interior.

AM È una esperienza nata un anno e mezzo fa e questo è il dodicesimo Atelier che facciamo. Sono dei corsi on-line, una sorta di workshop dalla durata totale di 8-10 ore a cadenza settimanale che affrontano di volta in volta varie tematiche. Questo delle cucine e bagni è finalizzato proprio a raccontare qual è il nostro approccio a questi ambienti, al disegno, ai materiali.

AT Ci sembrava interessante raccontare il perché spingiamo sul custom made e non ci avvaliamo di elementi di tipo industriali.

AM Questo è possibile perché in Italia esistono delle realtà artigianali che sono di un livello talmente alto che riescono a produrre finiture o componentistiche tecniche pari a quelle industriali. Il prodotto su disegno è di fatto paritetico sia da un punto di vista tecnologico che per quanto riguarda le finiture. Alcuni artigiani che collaborano con grandi aziende hanno una strumentazione tale da poter garantire al cliente una altissima qualità nonostante sia un prodotto su disegno. Questi corsi, nati quasi per gioco, hanno dimostrato un grandissimo interesse da parte di colleghi che sono interessati ad approfondimenti che altrimenti non saprebbero dove reperire. In fondo è la testimonianza che ci sono dei temi all’interno del corso degli studi, come l’architettura degli interni, che non vengono affrontati approfonditamente, nonostante la maggioranza dei professionisti italiani si occupi di interni.

AB Quale sarà, a vostro avviso, l’evoluzione futura dell’ambiente cucina?

AT Non è facile questa domanda. Siamo in un momento di transizione e quindi ci auguriamo che anche la cucina possa rappresentare un cambiamento di carattere sociale ed economico. Sarebbe bello pensare all’evoluzione di un abitare comunitario con cucine condivise per ottimizzare alcuni spazi abitativi che diventano luoghi di condivisione e di risparmio. Mi piacerebbe vedere, in un futuro prossimo, la cucina come una unità condivisa, dove scambiare le proprie esperienze. Sarebbe bello che potesse diventare un luogo di incontro in cui pensare al cibo come veicolo per stare assieme agli altri, avvicinando le varie culture.

 

ANDREA BENELLI The kitchen is the room that, more than any other, has seen the concentration and confluence of many aspects of the family and social structure in every epoch. It is much more than a place for the preparation of food, because foods and their consumption are never lacking in ritual and ceremonial characteristics. Our memories are always ied to this place. I, personally, have many childhood memories of the kitchen, but what does it represent for you?

ADELAIDE TESTA For my personal experience, it has always been a place apart, and even now that’s how I consider it. It is a room that does not get involved in other activities. The kitchen is the one and only place where food is prepared. Not many people will admit that they spent their childhood in the kitchen, even though that is exactly what they did; from the earliest age, we spend a lot of them in this room. For example, children do their homework there, where their mother an keep an eye on them. There is a whole world of tradition that, although obsolete, continues to exist to a great extent: the idea of the mother cooking while watching her children at play – it’s a gender thing. Times have changed but the memory of this setting is still very strong and real. Personally, I like to think of the kitchen as something separate; I’m unable to make it an integral part of any other activity. It’s a concept that derives from my past experience. Now the kitchens we design are always very much in relation to the demands of our clientele, and it is, by far, the room that gets the most discussion and attention, compared to the others. This is true for a number of reasons: because of the need to select large appliances, as well as other lifestyle choices based on the number of members of the family. Everything revolves around the kitchen. It is the room most closely tied to the needs of the clients in spite of the fact that from the design standpoint it is rather static, because the demands are always the same.

AB A place linked to traditions …

AT Absolutely! Indeed, we continue to replicate the traditional modular model because it is the most rational and the most popular. It is hard to get away from that idea. We spend a lot of time thinking about where to put the pots and pans, how to organize the cabinets …we have to make a highly functional analysis.

ANDREA MARCANTE I think it’s important to distinguish also between the kitchen space and where we put the table – an element that adds ’other’ functions to that of simply cooking. In our projects, the table faces both inward and outward from the kitchen space so as to filter the act of cooking with respect to the other functions. The idea of rituality is always very strongly present in our method of designing. For example, in the latest Furniture Fair in Milan we spoke of the daily rituals that are important to preserve within the home.

AT Even now, however, it is always still the women who have to establish the needs and rituals of the kitchen and it is they who are still put in charge of this place.

AM There was an exhibition at the Milan riennale in 1986 curated by Cini Boeri entitled “Domestic Project” where great importance was given to the spaces of relations, in addition to the more isolated locations in the domestic space. For spaces of relations, Cini Boeri referred specifically to the kitchen, defining it as “the place of common undertaking”. The ritual of domestic communion took place here, in fact. In the years between the post-war reconstruction and the economic boom, the kitchen became the symbol of the status achieved by the family group, as ell as a matter of gender. There was so much publicity until the Nineties, but still today, in advertisements for kitchens, there was always a woman. The food itself, as well as the number and quality of the appliances, effectively represented the status to which the family belonged, in a historical period when we were overexposed to the preparation of increasingly complex and sophisticated dishes.

AT Yes, the kitchen is still representative of an economic status, and the type of food that is cooked is indicative of the social position attained. But the materials chosen to design the space are also highly revelatory. We try not to use excessively costly materials, like marble, for example, in our projects.

AM That’s right, we don’t like to use overly precious materials that could be seen as symbols of prosperity. There was a time when the major brands of luxury kitchens marketed blocks of exaggerated size made of extremely luxurious materials. We have often asked ourselves who could use them in an Italian property context where they homes are not excessively large and consequently the kitchens have to adapt to the space available.

AT Compared to other rooms in the home, the kitchen is the room must subject to interpretations of an economic and social character, in which we see the trend or desire to exhibit wealth or to conceal it. In contemporary homes, the kitchen often becomes a sort of “show cooking” set, where people display their skills as well as the kind of furnishings and appliances they own. Somethings that is often requested, and that we still have a hard time designing, is the island. It is an idea from the Seventies that, in time, became the novelty to introduce in all our homes. Our clients often ask us to work on this element: a monolith where they can eat, cook and sit around it… Obviously, as designers, we have to take account of the space and, when we can, we try to propose other solutions.

AM Attention to the space is an issue that, as architects, we care deeply about. Often, we start by planning the layout of the spaces in the kitchen first, asking urselves: how does this room relate to the dining room? the living room?   It is important for us, in trying to provide the functions required, to be able to understand how much space in the kitchen can be open or closed toward the other rooms in the house. We need to understand how it can be made less of a protagonist through the use of elements that camouflage and filter it, for example, through appropriate use of the space devoted to the table.

AB Starting from your experience, is the idea of a separate kitchen gaining strength compared to that of an open, continuous environment?

AT Yes, it seems to be moving in that direction. We always refer back to Umberto Riva, who was our mentor. For Riva, the kitchen is an entirely open space, no doors, everything in plain sight. It’s a way of telling the truth without hiding anything, showing things the way they are. The kitchen is not meant to be a tidy place but a place where things get done, where we make a mess. What most people are generally looking for is a form of concealment, revealing their difficulty in dealing with disorder or even just seeing too many things, appliances, utensils, etc. That kind of chaos, which should be stimulating for creativity, is never what we are asked to do.

AB In your opinion, then, the kitchen is one of those keynotes of interior design: all your kitchens are “made to measure” expressly for that home, for that, space, for that client. Everything is bespoke.

AM Yes, it’s very rare that we use industrial type kitchens except at the precise request of the client. Adapting a specific space and succeeding to satisfy the demands of the clientele is very important and at the same time highly stimulating. The kitchen becomes the identifying element of our project, an element of real architectural design that conveys a set of values, placing itself in relation to the context.

AB Are there certain elements that you tend to repeat from one project to another? Examining the photos of various projects, I notice a couple of recurring elements: the steel frame used to set off the kitchen space and the design of the grooves for opening cabinet doors and drawers.

AT The theme that is repeated is definitely in the structure, that is a classical modular kitchen with a layout that is functional from an ergonomic point of view, very well structured and tested. Then we like to include such elements as, for example, that of the separation between the kitchen and the dining table, between the kitchen and the living room. There are, obviously, difference in the materials, colors and finishes, but the structure, as such, remains the same. Often, in our experience, the kitchens are not completely enclosed, but have a relationship with the surrounding rooms and, in that case, it becomes a matter of total design, in the language used in each project.

AB For several months now, you have also been holding open courses for professionals where you teach them the fundamentals of your design experience. You call this your “Atelier”. In January 2024, for example, you held lessons via streaming on Bathrooms and Kitchens. What prompted you to do this?

AT We started with “Materials and Colors”, which is the issue we get the most inquiries about. On the web and in the magazines, there is not sufficient attention to these issues, so we felt the need to narrate our own experiences. These are first-person stories shared with professionals who devote every day of their lives to interior design projects.

AM It is an experience we started a year and a half ago and this is the twelfth Atelier we do. They are on-line courses, a sort of workshop for a total of 8-10 hours, held weekly and dealing with different topics every time. This one we’re doing on kitchens and baths serves just to illustrate our approach to these settings, their design and the materials used.

AT It seemed interesting to explain why we push for custom-made rather than using industrial type elements.

AM This is possible because, in Italy, there are a lot of artisanal enterprises that are at such a high level they are able to produce fittings or technical elements comparable to any made industrially. The product made to a drawing is effectively equal from a technological standpoint as well as regarding the finishes. Some of the craftsmen who collaborate with large companies are sufficiently well-equipped to be able to guarantee the client the highest quality despite the fact that the product is a one-off. These courses, which we started almost on a bet, have proven to be of great interest to those of our colleagues most interested learning as much as possible and who would not have any other way to find the kind of information they seek. Basically, this just goes to show that there are aspects in the courses of study, like interior architectural design, that simply are not taken up, or are not thoroughly developed by our schools, in spite of the fact that the majority of Italian professionals are focused on interiors.

AB What do you think will be the future evolution of the kitchen?

AT That’s not an easy question to answer. We are at a turning point right now and we hope that the kitchen can contribute to a significant social and economic transformation. We’d like to think in terms of an evolution toward a community lifestyle, with shared kitchens to optimize certain living spaces, and that they could become places of socialization as well as savings. I’d like to see, in the near future, the kitchen as a collective unit, where people can exchange experiences. It would be nice if it could become a meeting place in which we would view food as a vehicle for understanding one another and bringing different cultures together.